Recensioni letterarie: Non posso stare altrove di Marco Cevolani

16.08.2024

Lo avvertivo in modo chiaro e netto, come sostenevano Borges e Calvino; il mondo esiste solo per la porzione che si può osservare. Il resto è nulla, puro nulla. Raccolsi i frammenti di me stesso e li misi dentro al bicchiere, dove ci versavo, generalmente, birra e psicofarmaci. Mi era sempre più dura stare in piedi. Abusavo di antidolorifici e fare quei due o tre esercizi per non sentirsi un rottame era tortura sempre più acuminata. Scesi le scale di quel vecchio palazzo anni '70, ora tutto ristrutturato. – e che a breve avrei dovuto lasciare per quella dannata separazione di merda che mi aveva asfaltato economicamente – ed andai a fare la mia passeggiata. Caffè e salata al bar, il pane, e, tra i vari quotidiani, quello sportivo. Il paese stava cambiando. Persino il corroso ponte era divenuto di ultima generazione. Era la mia, di corrosione, che non ne voleva sapere di rientrare. Con quella scarsa voglia di vivere che, giorno dopo giorno, mi lambiva, si strusciava a me, giocava a fare la seducente. Rincasato diedi un occhio al disordinato appartamento. Vero è che ora c'era la Dama dall'Inaspettato, ma non ero più in grado di provare desideri, neppure sessuali. Non se lo meritava. Andavo, e vado, semplicemente in pezzi. Non soddisfarla. E quella rabbia che mi strazia dentro. Calma; calma. Il giornale. Ed il Sigaro. Darsi l'obiettivo di rimanere compatto ed integro altri cinque minuti. Poi altri cinque ancora e via così fino a fine giornata. Nel titolo a tutta pagina della Gazzetta Sportiva troneggiava: "L'addio di Samuel al Lombardia Calcio". Cazzo, esclamai. Era uno dei migliori. Il migliore. Accesi la TV per vedere se ci fossero news più precise ma le varie rassegna stampa mi fecero capire che gli altri titolisti avevano usato meno garbo. Aveva fatto coming out – sussurrando, a mezza voce, come se fosse tranciato da una morsa dimidiante, che il proprio compagno era un malato terminale. No, io non lo sono dissi a me stesso. Ma mi immaginavo quella ghiandola ingrandirsi, quasi la sentivo pulsare e premere e sballottare e togliermi le forze e farmi vomitare mentre la pressione schizzava a livelli aerospaziali. Terminale. La fine di tutto. Di ogni possibilità. Nessun approdo. Perché l'Universo esiste solo se ne guardi una parte, anche infinitesimale. E tu con lui. Ed ora quel grande campione veniva apostrofato come "finocchio", "frocio" e chissà che altro. Il tutto mentre surreali dibattiti al televisore (cazzo! Non l'ho spento) sputacchiavano insensati concetti su colore della pelle ed italianità.

La loro, cioè quella di Samuel e Riccardo, riportavano le cronache, era una storia iniziata nell'adolescenza. Una passione irrefrenabile. Mi chiesi quanti dei miei colleghi, intanto che aprivo una red-bull che di prima mattina non doveva fare poi così male, sarebbero stati in grado di capire quel sentimento come assolutamente normale e spontaneo. Non era spontaneo che la mia Lei, la Dama Dell'Inaspettato, capisse che la mia voglia di vivere precipitava ogni giorno di più e che io l'avrei volentieri seguita, ovunque andasse scendendo quel fottuto baratro. Ma ora, nel baratro, per ben altre ragioni, vi erano Samuel con Riccardo (questo il nome del fidanzato). Tra loro tutto era deflagrato [p. 10] da un bacio fugace, seguito dalla folle voglia di vedersi e toccarsi nuovamente, fare l'amore [p. 15] ed eiaculare [p. 24]. Tutto era così semplice, magico; tutto era così logico, intenso, ammaliante. Una malia proseguita nelle loro prime vacanze in Sardegna; poesia d'amore che quasi si teme a chiamare con il proprio nome. Mentre io, adesso che l'ho trovato, debbo rinchiudermi dentro me stesso, in quella armatura da soldato che tutto esclude e che da tutti isola. Ho la necessità di stare solo con i miei rovelli. Alla Sardegna, (dove i due giovani [p. 24] «si spogliarono completamente senza mettersi il costume»), seguirono i soggiorni milanesi per gli allenamenti di Samuel – con quel loro telefonarsi nei pochi attimi liberi concessi dalla preparazione atletica, solo per sentire la reciproca voce e condividere, per il tramite di un cavo, frammenti di una giornata e di giornate che vedevano il giovane atleta, frattanto, scalare il titolo di Campione del Mondo.

Lo sosteneva persino la Lady Dell'Invisibile, ormai con qualche ruga, lo spento sorriso ed una magrezza con la quale mascherava sotto l'ascetismo quelle violenze che le avevano straziato la vita e che al rifiuto della stessa portavano: sentire che chi amiamo ha perso il desiderio di esistere, ci fa sentire impotenti, perché, noi, la tua Dama ed io ed altre come me, davvero crediamo che l'Amore abbia qualcosa di miracoloso a suo modo, mentre tu tagli questa possibilità, la distruggi e la frammenti come pezzo di ghiaccio che cade violentemente a terra.

Mi ritrovai a chiedermi che travaglio stesse passando quella coppia. Sia privato ma anche pubblico. E qui mi venne in mente una frase di Kant, anche se della attribuzione non sono più così sicuro, ormai i ricordi di scuola vanno facendosi torbidi: "essere persona trattando gli altri da persona". Dopo l'energy-drink un caffè ci può stare per far pompare questo cuore, per farlo schizzare a livelli da primato mondiale; ed in quel caffè ritrovo il De Profundis di Oscar Wilde latore dell'amare l'animo e non la fisicità corporea. Molto ottocentesco ma altrettanto adeguato alla vicenda del calciatore e del proprio fidanzato. Dal De Profundis era passato un secolo ed un quarto, eppure qualcuno osava (ancora) sostenere «che questo loro tipo di rapporto per la comune morale non era certo appropriato» [p. 17] facendo sì che a loro «non fosse concesso baciarsi su una panchina come una coppia normale» [p. 33] e che anche gli atti più candidi e privi di malizia dovessero avvenire lontano dagli occhi di tutti: «ora si godevano quell'intimità: il sogno di tutti gli innamorati poter camminare mano nella mano al chiar di luna» [p. 31]. Un sogno appunto; schiacciato dalla cronaca:

Due ragazzi, alla Pisana, sono aggrediti a bottigliate da un gruppo di egiziani, colpevoli di essersi scambiati un bacio

Coppia gay è costretta a vendere casa e trasferirsi a seguito del clima d'odio, stalking e pericolo instaurato dal vicino di casa ai propri danni

Rifiutato soggiorno in B&B a coppia gay: "per omosessuali esistono altre strutture"

Insulti omofobi e aggressione in piazza Diaz, 22enne accerchiato e accoltellato da quattro persone. Tra loro una ragazza [nota1]

Essendo in ferie mi presi la briga di fare la mia piccola indagine, intanto che sento quel Nihil scavarmi dentro e non darmi pace. Mi divora istante dopo istante. Non sparisce mai. Parlai con il Parroco del piccolo paesino dove erano cresciuti, tal don Umberto [p. 12], con i genitori di Riccardo, i loro amici fin dai tempi più remoti, ovvero Leonardo e Francesca [p. 31] i quali avevano avuto, per primi, l'acume di cogliere quello sbocciare di quella accecante passione. Passai poi alla zia di Riccardo che, a lungo, aveva ospitato Samuel nella sua casa milanese per permettergli di allenarsi nella sua nuova società – e pure lei si era rivelata abile a vedere l'acuta infatuazione tra i due adolescenti. Solo due persone rimasero nel mio taccuino; i genitori del bomber. Lo avevano cancellato dalle loro vite [p. 47]. La colpa del figlio era aver saputo provare un vero sentimento. Se avessero saputo che accade molto meno di quanto si pensi, ma parecchio meno, non avrebbero sputato velenoso acido su un fatto di così rara meraviglia. O più semplicemente non avvertivano il ticchettio della inesorabilità.

Il tumore su Riccardo giocò la sua partita in poche settimane. E la vinse. Prima alterandogli la personalità con quei piatti scagliati ovunque [p. 98] ed, infine, definitivamente.

Quando lo andavo a trovare restavo in silenzio anche io, una sorta di orgoglio indolente mi impediva di dire frasi di circostanza. Lui mi guardava con gli occhi languidi, il respiro corto, io lo fissavo dritto nella pupille cercando di non pensare a nulla. Non volevo che la grammatica degli sguardi parlasse della mia incapacità di gestire quel momento, non volevo che vedesse la pietà.

(Grammatico, I sopravviventi)

Thanatos vinse sui successi sportivi che Samuel aveva riportato, vinse sul suo reinventarsi allenatore di una malmessa squadra di calcio che riesce a portare al successo. Vinse perché in Samuel permaneva il vuoto di una agghiacciante solitudine. Un appartamento troppo vasto come troppo vasto il dolore da digerire.

Mi rimisi in macchina. La mia sommaria indagine era terminata.

Recensione a cura del Dr. Biagio Ciccone, Storico dell'arte e critico letterario

[nota 1]

Redazionale, Cronache di ordinaria omofobia.org, consultato il 16/08/24, al link:

https://www.omofobia.org/events/events-list