La guerra nell’arte

08.07.2024

Questa è una guerra

come tutte le altre guerre

(Eugenio Bennato, Mille)

Arte e Guerra sono due concetti chiave della storia dell'umanità, pertanto, qui, non si potranno che affrontare in maniera sintetica e con ampi salti temporali. Se la prima «è la rappresentazione filosofica del pensiero del tempo e quindi il concetto di arte e la sua definizione cambia con i suoi protagonisti, i tempi e la storia» [1] la seconda, per dirla con Elias Canetti, «è talmente nell'ordine delle cose che la gente finisce per sentircisi a casa» [2]. Quindi, se un punto comune va ricercato tra due ambiti così diversi, è la consustanzialità all'Essere Umano. E per partire in questo nostro breve articolo sarà bene tenere a mente le parole di Georges Bataille, che «in Lascaux o la nascita dell'arte (1955), […] collega la nascita dell'umanità all'invenzione dell'arte e la morte dell'umanità all'invenzione di armi, bombe e nuovi mezzi di distruzione di massa. Per Bataille il passaggio dall'animale all'uomo inizia con la "prima arte preistorica". Scrive: "L'uomo, nel senso della specie di cui oggi si sa minacciata di morte, è apparso sulla terra con l'arte. E Lascaux è il primo segno veramente maestoso di questa apparizione". La morte dell'umanità, invece, si manifesta con "l'impiego intensivo dei moderni mezzi di distruzione" che ci conduce verso quella che lui chiama la "morte assoluta"» [3].

«L'incontenibile voglia di voler immortalare le vittorie per intimidire gli avversari, e di celebrare le gesta eroiche dei popoli che essi regnavano, ha sempre spinto i sovrani a commissionare agli artisti opere come poesie, tele, sculture, raffiguranti momenti delle battaglie vinte, o comunque stralci di guerre combattute» [4]. Una testimonianza dei "primi" scontri la ritroviamo, in un mix per celebrare ed intimidire, in Grecia, in Mesopotamia ed in Egitto. Per quanto attiene a quest'ultima civiltà la guerra compariva nei templi come nelle tombe, e veniva disegnata con una certa minuzia di particolari [immagine A] come mostra il rilievo della Battaglia di Qadesh, che raffigura Ramses II combattere gli Ittiti. Qualcosa di analogo vale per la Mesopotamia dove rilievi e sculture hanno un valore celebrativo delle vittorie dei loro Re, come nella Stele degli avvoltoi [immagine B] in cui, siamo nel 2500 a. c., re Eannatum di Lagash, avendo trionfato, banchetta sul corpo dei nemici. Anche l'arte degli Assiri, tramite rilievi su pietra, si cimentò con il mostrare le battaglie, quelle battaglie che troviamo tra i greci, nei marmi del Partenone o che, nei romani, si fanno colonne: da quella di Traiano a quella di Marco Aurelio. «Le raffigurazioni delle grandi vittorie divenivano perciò autocelebrazione, propaganda e simbolo visivo della potenza di una civiltà» [5]. La Cina non è da meno: la maggior parte delle scene guerresche avviene sotto la dinastia Han (dal 200 a. c. al 220 d. c.).


Se nel Medioevo, per ovvi motivi (la morte è accesso all'Eternità luminosa), le scene degli scontri tra gli eserciti si attenuarono, (con quale eccezione tra le miniature o i manoscritti quale quello, ad esempio, di Maciejowski [immagine C] non scomparvero del tutto, prendendo a vivere negli arazzi quale quello di Bayeux [immagine D]. Però la violenza viene solo travestita: è Cristo che scende agli inferi con il suo esercito di Santi, oppure è l'Arcangelo Gabriele che infilza a spada o pugnale il Demonio-Drago. Qui ci troviamo in quella che il fondamentale studioso Calabrese definiva «battaglia sacra, ovvero la maniera di raffigurare uno scontro bellico nel quale l'intervento divino abbia un ruolo determinante» [6].


Frattanto giungiamo al Rinascimento dove l'attenzione alla anatomia umana dà un sapore più salace agli scontri dipinti: dal disegno della Battaglia di Anghiari di Leonardo [immagine E] dove realismo, caoticità, dinamismo si fondono in tale disegno preparatorio (l'originale è andato perduto). Oppure basti guardare la Battaglia di Cascina di Michelangelo, rimasta allo stato larvale di cartone (peraltro perduto) [immagine F], che è un concentrato di forza, tensione, movimento.


Nell'Arte Moderna potremmo citare la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello [immagine G] che, essendo un trittico, riporta le fasi della vittoria di Firenze su Siena. Però la maestria prospettica, il senso bucolico, la luminosità cromatica, fanno pensare ad una scena di spensieratezza. Sono i dettagli - lance, corpi inerti, sangue - a denunciare l'orrore insito nel battagliare. «Come scrisse Ennio Flaiano nel 1971 in una magnifica introduzione ai Classici dell'arte Rizzoli ".... vista dall'alto, una battaglia può sembrare una festa campestre, vista dal combattente è soltanto confusione, paura e dolore"» [7]. Oppure possiamo passare per Pieter Paul Rubens ed il suo Conseguenze della guerra [immagine H] all'interno del quale vuole riportare i terribili effetti della guerra dei Trent'anni; usa un tono allegorico, dove il Dio della guerra irrompe funesto, la Peste e la Carestia iniziano a diffondersi, mentre il Tempio di Giano ha le porte spalancate (che, in tempo di Pace, rimanevano chiuse). Europa è di nero vestita ed avvolta dalla disperazione. Sempre alla terrificante guerra trentennale Jacques Callot, con le sue incisioni, seguì un gruppo di soldati «che devastano la campagna prima di essere infine circondati sul loro lato e giustiziati» [8].

Nel Rinascimento, un tema quale quello della aggressiva mischia non poteva che enfatizzare le nuove competenze nel dipingere la figura umana, nel ritrarla in pose ardite. A mo' di esempio si potrebbe citare la Battaglia di Ponte Milvio di Giulio Romano [immagine I].


Nel '600 tale tipologia di raffigurazione, che divenne un genere pittorico autonomo (fatto dai "battaglisti") si ritrova anche, e nuovamente, sugli arazzi oltre che sulle tele, dove tornò ad avere un ruolo di primo piano con Napoleone ed il Romanticismo: il primo per incensire le proprie affermazioni, il secondo per recuperare i valori di eroismo, purezza, integrità del cavaliere. Una purezza che ne Il massacro di Scio di Delacroix [immagine L] mostra i civili rivoltosi venire sterminati dalle forze turche.


Nella contemporaneità la guerra è tema sempre centrale: la denuncia delle stragi e dei crimini in essa insiti sono denunciati ed espressi con una pluralità di linguaggi. Si potrebbe partire da Francisco Goya ed il suo 3 maggio 1808 [immagine M] che divenne, nel tempo, il simbolo della resistenza spagnola contro le truppe napoleoniche. Ogni intento autocelebrativo si è definitivamente dissolto sotto questo realismo crudo. I cadaveri a terra, l'antieroe contadino nella stessa posa del Cristo, il conflitto luce (sulle vittime) ombra (sui carnefici).

Importante citare Otto Dix le cui urla e le atrocità del primo conflitto mondiale mise nella sua serie di incisioni Der Krieg (La Guerra), dove tutto si fa brutale e disumanizzante [immagine N] in perfetta sintonia con il Picasso di Guernica [immagine O]: figure ritorte, urlanti, devastate. La Grande Guerra aveva definitivamente azzerato la possibilità di enfatizzare positivamente la belligeranza. E la testimonianza dei suoi massacri era, ora, affidata alla macchina fotografica, dietro cui vi ero lo sguardo ora di Endre Erno Friedman, che documentò dalla guerra civile spagnola a quella sino-giapponese, dal secondo conflitto mondiale, alla guerra arabo israeliana; oppure la fotografa Bourke-White: fu lei ad entrare, con gli alleati, nel campo di concentramento di Buchenwald. Qualcosa di analogo, in un certo senso, fece Jhon Florea: anche lui con le truppe di liberazione ebbe accesso a quel luogo di sterminio che era Mittelbau-Dora [immagine P], «dove ebbe l'opportunità di fotografare gli ebrei sopravvissuti, ma soprattutto i numerosi cadaveri e il loro triste seppellimento» [9].


Dr. Biagio Ciccone, Storico dell'Arte




Note

[1] Andrea Concas, Che cos'è l'arte? Scopriamo alcune definizioni, in «ArteCONCAS», 20 luglio 2018, sito consultato il 03/07/2024 al link: https://www.andreaconcas.com/che-cose-larte-scopriamo-alcune-definizioni/


[2] Gianni Checchin, Mancate risposte alla domanda: Che cos'è la guerra?, 15 ottobre 2023, in «ytali.», sito consultato il 03/07/2024 al link: https://ytali.com/2023/10/15/mancate-risposte-alla-domanda-che-cose-la-guerra/


[3] Mohsen Veysi, Storia degli artisti di guerra, 28 gennaio 2021, in «Artribune», consultato dal sito, in data 3 luglio 2024: https://www.artribune.com/arti-visive/2021/01/disegni-guerra/


[4] Aroa, La guerra nell'arte, senza data, in «Agalmaweb», consultato dal sito, in data 5 luglio 2024: https://www.agalmaweb.org/la-guerra-nellarte/


[5] Luca Sperandio, La guerra nell'arte, dell'elogio alla denuncia, dal link, consultato il 03 luglio 2024:

https://www.lachiavedisophia.com/guerra-nell-arte/


[6] Isabella Pezzini, La Guerra come genere. Uno sguardo in pittura, «E|C», p. 15


[7] Redazionale, L'arte di dipingere la guerra, 25 maggio 2022, in «Kooness», sito consultato il 03/07/2024 al link: https://www.kooness.com/it/post/magazine/larte-di-dipingere-la-guerra


[8] Redazionale, Arte di Guerra, in «Wikipedia», 4 giugno 2024 ultima modifica, reperibile dal link, consultato il 3 luglio 2024: https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_di_guerra


[9] Alessio Fabrizi, 5 Fotografi di guerra che hanno fatto la Storia, 17 aprile 2023, da «Fotografia Moderna», link consultato il 3 luglio 2024: https://www.fotografiamoderna.it/fotografi-di-guerra-storia/